martedì 27 dicembre 2011

26 Dicembre 1916

(...)

Qui
non si sente
altro
che il caldo buono

Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare


Natale di Giuseppe Ungaretti
Napoli, 26 dicembre 1916


Ho letto questa poesia proprio la sera di Santo Stefano, durante una passeggiata nel centro di Castelfranco Veneto, che ho ritrovato illuminata a festa e chiassosa nel bel mezzo di un mercatino delle pulci natalizio.
Queste due strofe, così evocative, mi hanno aiutato a riassumere ciò che vorrei augurare per queste feste: spero possiate trascorrere questi giorni godendo del calore che solo gli affetti e le amicizie sincere sanno donare.

Tanti auguri!!! :-)

martedì 13 dicembre 2011

Stay minimal (but), stay usable

Quante volte affrontando una ricerca sul web ci siamo trovati di fronte a siti che promettono e non mantengono, ovvero sembrano offrire informazioni o servizi in realtà difficilmente accessibili, poiché persi nei meandri troppo intricati di pagine, sotto-sezioni, accessi con registrazione, etc…?
L’ultimo post di Delwin Campbell su Six Revisions intitolato “Minimalist Web Design: How Minimal is Too Minimal?” mette il dito proprio nella piaga degli eccessi (“more is not necessarily better”) che spesso soffocano i siti internet e deviano l’attenzione dai contenuti veramente importanti.
L’autore consiglia un approccio minimalista allo studio dei siti web, evidenziando come questo possa essere utile non solo ai fini di un sano ritorno all’essenzialità, ma soprattutto per poter ristabilire il giusto equilibrio in termini di gerarchia dei contenuti e degli spazi.
In particolar modo Campbell sottolinea i tre principali vantaggi del web design minimale:
  1. Benefici tecnici: il notevole “risparmio” in termini di elementi (codici di programmazione, link, immagini, etc …) si traduce spesso in una migliore performance del sito.
  2. Meno distrazioni: l’esaltazione delle scelte tipografiche e della disposizione degli spazi bianchi permette una riduzione degli elementi che l’utente deve considerare, e di conseguenza una maggiore concentrazione sul motivo per cui si è approdati proprio a quel sito.
  3. Enfasi dei contenuti: l’assenza di elementi superflui (immagini, banner, grafiche,etc…) ed estranei rispetto alle finalità del sito enfatizza i contenuti principali, ovvero l’accesso a servizi o informazioni.
Il design essenziale dei siti minimal non deve però trarre in inganno; la progettazione non è  necessariamente più facile, anzi, sostiene Campbell, necessita una maggiore cura dei dettagli ed una scelta attenta degli elementi, poiché minimalismo non significa minor chiarezza e navigabilità, ma al contrario significa veicolare informazioni ed immagini attraverso forme e strumenti più semplici ed immediati.

Sempre a proposito di essenzialità segnalo anche un bel post sui siti single-page pubblicato qualche tempo fa da Elena Veronesi e un’interessante galleria di quaranta siti più o meno minimal.
Qualche altra segnalazione o commento minimal? Postatelo qui!

martedì 22 novembre 2011

Scrivere con buon senso

Lo Scrittore di Buon Senso” è un piccolo (non) manuale dedicato ai novelli narratori che la scrittrice e blogger Chiara Prezzavento (per fan e cinguettatori @laClarina) ha pubblicato per celebrare il terzo compleanno  del suo blog.

Il sottotitolo “Un cotillon per il terzo compleanno di Senza Errori di Stumpa”non deve però trarre in inganno. Al termine “cotillon” viene spesso attribuita una natura frivola e superficiale. Non è questo il caso: si tratta infatti di una guida, ricca di suggerimenti tecnici e stilistici, molto ben congeniata.
I testi sono disinvolti e snelli, tanti esempi, tratti soprattutto dalla letteratura inglese, arricchiscono le spiegazioni, non mancano consigli pratici, trucchi del mestiere, un’appendice dedicata agli strumenti informatici di scrittura e una buona dose di ironia, che rende la lettura molto piacevole.

Il riferimento al “buon senso” (l’uso del quale mia nonna propina sempre come soluzione ultima a qualsiasi problema e che ermeticamente definisce “un po’ di quel che si dice”) mi è subito piaciuto e da seguace della disciplina matriarcale non ho potuto fare a meno di applicarne un po’ a questa lettura, per questo ho cercato di spremere virtualmente le 47 pagine scaricabili dal blog, traendone cinque consigli che desidero ardentemente mettere in pratica:  

1. Nulla die sine linea
Citando Plinio il Vecchio, Chiara Prezzavento sottolinea l’importanza del quotidiano confronto con penna o tastiera; l’allenamento alla scrittura aiuta a migliorare lo stile e “abitua a pensare in termini traducibili per iscritto”. Nel perseguire questo scopo è altrettanto fondamentale fissare degli obiettivi ragionevoli, ovvero scrivere  qualcosa per cui sia veramente possibile trovare il tempo. L’autrice suggerisce un semplice esercizio: il timed writing: scrivere a ruota libera su argomenti assolutamente casuali per un tempo predefinito (per esempio 10 minuti), senza preoccuparsi dell’editing.

2.  Specifico è meglio
Si tratta del corollario al teorema del “Show, Don't Tell”: indispensabile per il teatro, perfetto per la narrativa ma applicabile a qualsiasi testo scritto; per attrarre l’attenzione del lettore è necessario inserire pochi dettagli ma ben scelti. Le aziende che si propongono come “leader nel mercato di riferimento” sono centinaia, ma chi sta cercando un partner affidabile probabilmente sceglierà quella che mette in mostra i propri risultati (fatturato, dipendenti, diffusione internazionale, etc…).

3. Quando trovi un aggettivo, ammazzalo (Mark Twain)
Quante volte ci siamo sentiti ripetere che le descrizioni condite con aggettivi ed avverbi di poca sostanza sono inutili? Quella di Mark Twain e di molti writing teacher non è un’indiscriminata crociata contro questi elementi in particolare, ma semplicemente un invito a scegliere con attenzione gli aggettivi e gli avverbi che meglio si adattano al testo, evitando i generici “bello, buono, grande, importante, etc…”.

4.  Cattive abitudini 1: editare mentre si scrive
Nella mia personale esperienza questo è il suggerimento più difficile da mettere in pratica; scrivo tre righe, e poi inevitabilmente l’occhio scorre sul testo ed ecco che scatta la correzione. La scrittura e la rilettura dovrebbero essere due momenti separati nella stesura di un testo, soprattutto perché la revisione costituisce un blocco mentale alla creatività.

5.  Cattive abitudini 2: scrivere con il computer connesso ad internet
Soprattutto quando è in corso il cosiddetto “blocco creativo” accedere alla casella di posta elettronica, ai social network, giocare on-line o semplicemente vagare senza meta nella rete, può diventare assolutamente deleterio. Giustificare la propria distrazione con la ricerca dell’ispirazione perduta? C’ho provato qualche volta, ma no, non è credibile.

Lo Scrittore di Buon Senso” mi è proprio piaciuto, ed in particolare ho apprezzato come il senso della  condivisione e l’invito alla discussione propositiva siano stati traslati direttamente dal blog a questo freebie. Faccio dunque mio l’invito introduttivo di Chiara Prezzavento:
“Se condividete – oppure se non condividete affatto, ma siete disposti a sentire anche questa campana – benvenuti e onwards!”

martedì 8 novembre 2011

Le parole di Artemisia

Palazzo Reale di Milano: Mostra “Artemia Gentileschi: storia di una passione
Oltrepassato il pesante tendaggio di velluto, ci si aspetta di stupirsi di fronte ad un tripudio di colori, personaggi opulenti, drappi e ricami tipici dello stile pittorico seicentesco.
Lo stupore è in effetti garantito, ma va in direzione opposta: a predominare nella prima sala della mostra dedicata alla “pittora” Artemisia Gentileschi, sono le parole.
Nell’oscurità della sala parole scendono dal soffitto sotto forma di fogli intrisi d’inchiostro nero.
Parole confuse e sfuocate scorrono su uno schermo dietro ad un grande letto bianco.
Parole recitate da una voce femminile ferma e risoluta, riportano la descrizione che Artemisia diede ai giudici della violenza inflittale da Agostino Tassi, pittore e collega del padre Orazio.

« Serrò la camera a chiave e dopo serrata mi buttò su la sponda del letto dandomi con una mano sul petto, mi mise un ginocchio fra le cosce ch'io non potessi serrarle et alzatomi li panni, che ci fece grandissima fatiga per alzarmeli, mi mise una mano con un fazzoletto alla gola et alla bocca acciò non gridassi …”
(Eva Menzio (a cura di), Artemisia Gentileschi, Lettere precedute da Atti di un processo di stupro, Milano, 2004)
Le parole di Artemisia si perdono e si riprendono mentre, attraversando le sale della mostra, il visitatore ripercorre le fasi della vita di questa artista che ha saputo imprimere  vitalità ed espressività alle grandi figure femminili della storia: da Giuditta alla Maddalena, da Cleopatra a Cristina di Lorena, e che pure, si dice, non imparò a scrivere fintanto che non giunse a Firenze, forse per poter intrattenere quel rapporto epistolare con l’amante Francesco Maria Maringhi, le cui prove cartacee sono state recentemente ritrovate ed esposte al pubblico.
Preziosi cartigli dorati tracciati sulle tele, inventari, contratti, lettere d’amore e pagherò ci raccontano l’affascinante storia di una pittrice che non temeva il confronto con i colleghi maschi, anzi ne coltivava l’amicizia, un’artista che, grazie al suo riconosciuto talento, è riuscita ad emergere in un contesto culturale a tutto tondo, una donna che, senza aver mai voler essere un simbolo o un’eroina, è riuscita nell’impresa d’essere al tempo stesso indipendente, amata, apprezzata e pur ancora tanto misteriosa.

martedì 1 novembre 2011

Perchè si scrive ... secondo Baricco

Per chi, come me, odia mangiare pasti che si sono raffreddati ed interpreta i programmi televisivi serali come un sottofondo monotono alla cena, il fatto di indugiare davanti ad un piatto di pasta fumante per ascoltare il monologo di uno scrittore alla TV dovrebbe rappresentare una condotta più unica che rara. Ma non impossibile, ed infatti è successo sabato sera durante la puntata di Che tempo che fa.
Ospite di Fazio, Alessandro Baricco ha presentato un suo intervento sul tema della scrittura.
Alessandro Baricco: c'è chi lo ama e chi lo odia, chi lo trova sottile, etereo, profondo e chi invece lo accusa d'essere retorico, vanaglorioso, pieno di sé (per rendersene conto è sufficiente leggere qualche recensione ai suoi libri su Anobii)
In questo caso trovo molto giusto distinguere il Baricco-scrittore dal Baricco-"divulgatore", perchè guardare questo video con gli occhi ofuscati dal pregiudizio, senza assaporarne la bellezza, sarebbe un vero peccato.
Del suo intervento riporto solo la conclusione, che mi ha decisamente stregato perchè sintetizza alla perfezione cosa si nasconde dietro ad verbo semplice come SCRIVERE.

Leggiamo libri perché ci cambiano la vita.
Leggiamo libri perché ci conducono alla verità.
Leggiamo libri perché impariamo un sacco di cose.
Leggiamo libri perché ci troviamo i nostri sentimenti.
Ma scriviamo libri, ogni tanto, con un'altra idea.
Scriviamo libri e quel che facciamo è: scegliere tra quanto di più raro c'è nell'universo e di più caro c'è nel nostro animo.

martedì 11 ottobre 2011

C’era una volta una bella newsletter

Se è vero che ogni giorno nel web circolano quasi 190 miliardi di e-mail, mi piacerebbe tanto sapere quante fra queste contengono newsletter.
Non c’è sito o blog aziendale ormai che non abbia la sua area di registrazione dedicata, purtroppo però, non sempre le newsletter rispecchiano le aspettative degli iscritti. Vuoi per la grafica non curata, vuoi per i contenuti “pesantissimi” o composti di sole immagini (vedi Trenitalia – Cartafreccia), vuoi per le tematiche scarsamente accattivanti (vedi UltimEnel: novità istituzionali sull’azienda ma nulla di concretamente interessante per il cliente) o per la tempistica inappropriata. In questi casi lo spazio che intercorre tra l’apertura dell’e-mail e un click sul tasto “elimina” è infinitesimale.
A volte ho l’impressione che la newsletter sia colpita dallo stesso eccesso di presenzialismo che attanaglia il mondo dei social network, ovvero così come: “se non hai una pagina Facebook, Twitter e Linkedin non sei nessuno”, così “se non hai una newsletter non sei una vera azienda/ente/blogger”.
E’altrettanto vero però che le belle sorprese solitamente arrivano non dai soliti noti, ma da realtà che potremmo definire “di nicchia”.
Un esempio?
Eulab Consulting, società romana di specializzata in consulenza IT, ricerche di mercato e formazione. La loro newsletter presenta diversi punti di forza:
- Breve: quattro leggerissime pagine in pdf scaricabili dal sito e quindi sempre disponibili.
- Specializzata ma non elitaria: E’ diretta ad un target ben selezionato, ma presenta contenuti accessibili a chiunque sia interessato alle materie trattate.
- Originale nel lay-out: ogni uscita tratta uno specifico argomento, diviso in tre percorsi, rappresentati graficamente da tre diverse linee della metropolitana, che a loro volta si snodano lungo fermate/parole-chiave. Nessuna immagine a colori, tranne i loghi, solo smile e clip-art molto immediati.
- Sommari a bordo pagina: a sinistra (e quindi nell’area in assoluto più letta – Nielsen docet) vengono riassunti i contenuti principali dell’articolo e le possibili soluzioni da adottare.
Sicuramente a fronte di tanti “pro”, si possono riscontrare anche dei “contro”. Per esempio il testo dell’e-mail che accompagna il link alla newsletter: non è personalizzato (si apre con un generico “Gentile collega”) e presenta un tono formale e distaccato.
Altri buoni esempi, best practice? Postatele qui sotto!

martedì 4 ottobre 2011

La lettura è un arte

“Un romanzo è una strada a due sensi, animata da due talenti: una strada in cui il compito che si richiede alle due parti è, alla fin fine, lo stesso.
Leggere, quando si fa con la lanterna propria, è difficile e appassionante quanto scrivere.
Sia chi scrive sia chi legge, pur intravedendo il fallimento, cerca la rivelazione certa di ciò che siamo, la rivelazione esatta della propria coscienza personale, e anche di quella dell’altro.”

Leggere è arte, è ricerca, è il tentativo di comprendere un mondo differente, di avvicinarsi ad un linguaggio lontano da quello al quale ci hanno assuefatto TV e internet, è la necessità di ritrovare il proprio io nell’esperienza universale.

Lo sostiene lo scrittore spagnolo Enrique Vila-Matas, durante la lectio magistralis tenuta domenica scorsa a Torino.
Lo sperimentiamo noi lettori, ogni volta che ci avviciniamo alla pagina scritta con mente aperta, intelligenza e spirito critico.

P.S.: Enrique Vila-Matas  è il vincitore del premio dedicato a Mario Lattes - sezione “La Quercia”. L’autore spagnolo è stato scelto all’unanimità dalla Giuria Tecnica per la sua opera letteraria ed in particolare per il romanzo "Bartleby e compagnia" (Feltrinelli, 2002).

martedì 20 settembre 2011

Buon compleanno WORDS ON AIR!

Prende contatto con gli altri, riesce a stare in piedi da solo appoggiandosi ad un supporto e comincia ad elaborare le prime sillabe, questo è quello che fa un bambino di un anno.
Ed è quello che più o meno fa anche Words On Air, che oggi spegne la sua prima candelina nella blogosfera.

Quest'anno di post mi ha insegnato molto, molto più di quanto potessi immaginare.
Ho imparato che l'interazione è la chiave di tutto e che il lavoro di editing non finisce mai (mi ritrovo ancora a correggere refusi sfuggiti nei primi interventi).
Ho imparato che per cominciare è necessario trovare delle guide, dei mentori e accettare sempre i loro consigli, ma piano piano si deve lasciare la tranquillità di un stabile supporto ed avventurarsi sulle proprie gambe incerte.
Ho imparato che scrivere è faticoso, soprattutto quando le frasi sembrano fatte di trame e orditi impossibili da districare, ma è anche liberatorio e rassicurante quando scopri che il tuo testo ha finalmente capo e coda.
Ovviamente il mio è solo un balbettare inconcludente, un cercare di attirare l'attenzione su un nonnulla.
Resto in questa palestra però, ad esercitare cervello, creatività e polpastrelli!
Grazie a tutti!

martedì 13 settembre 2011

Buon commento a tutti!

Come resistere ad un breve elenco di consigli che promette di migliorare/incrementare/perfezionare il tuo business o la tua vita?
Gli anglosassoni in questo campo sono dei veri campioni; dall’editoria tradizionale ai social media sono sempre stati i più innovativi nel proporre l’easy way per raggiungere qualsiasi risultato. Il tempo dei manuali di dimensioni bibliche sembra ormai morto e sepolto; al loro posto elenchi sintetici, esaustivi e chiari, magari corredati di video su Youtube, fanno bella mostra di sé sul web, promettendo di insegnarti qualsiasi cosa: dal preparare la valigia perfetta al convincere il cliente più riluttante.
7 Tips to Increase Your Blog Comments rappresenta un buon esempio di quello che potremmo chiamare: il potere dell’elenco numerato.
Ma se la curiosità e un titolo accattivante mi fanno inesorabilmente cadere in tentazione davanti ad una lista di suggerimenti, posso confermare che, le linee guida per migliorare l’interazione all’interno dei blog (aziendali o personali che siano) elaborate da Charlene Kingston, docente esperta di social media, sono poche, concise ed interessanti.
Eccole:
1.       Controlla le impostazioni relative ai commenti nel tuo blog
Se nessuno lascia commenti ai tuoi post forse la colpa non è dei contenuti, ma delle difficoltà che l’utente trova nel condividere la sua opinione. La regola è: rendi la vita semplice ai lettori e difficilissima (meglio se impossibile) agli spammers (grazie per esempio all’opzione “verifica-parole”).
2.       Chiedi ai lettori un’opinione
Ovviamente un banale “posta il tuo commento” raramente funziona, meglio riprendere i contenuti del post e porre domande attinenti.
3.       Scrivi una comment-policy
Bastano poche e semplici regole per mantenere un clima sereno e corretto all’interno dell’area dedicata ai commenti. Tutto dipende dagli obiettivi e dalla sensibilità dell’azienda o del blogger: Come ti poni nei confronti delle critiche? Accetti che gli utenti promuovano la loro attività all’interno del tuo blog? Accetti commenti con un linguaggio “colorito”? Gli errori di grammatica e di sintassi vengono corretti in fase di moderazione?
4.       Fornisci istruzioni su come lasciare commenti
Se esiste una comment-policy o se semplicemente i commenti vengono rivisti è giusto che chi si appresta a lasciare un commento lo sappia. Per sentirsi al suo agio all’interno del blog l’utente deve condividerne le regole. Inserire un link o una breve spiegazione vicino al bottone “invia commento” può essere un’ottima soluzione.
5.       Rispondi sempre ai commenti
Una risposta appropriata può far proseguire la conversazione e quindi creare nuove relazioni. Per sapere subito quando qualcuno ha lasciato un commento nel tuo blog, richiedi un’e-mail di notifica.
6.       Metti a proprio agio chi lascia un commento
La scelta del tono e delle parole con le quali si risponde ad un commento può fare la differenza tra l’aver acquisito un nuovo utente o averlo perso per sempre.
Una particolare attenzione va posta nei confronti dei commenti che enfatizzano opinioni divergenti, accettare una critica o una posizione contrastante fa parte del gioco. Ricordiamoci che non tutti quelli che postano commenti negativi sono troll, è importante che chi gestisce il blog sia in grado di distinguere tra un disturbatore e un utente attivo.
7.       Crea una comunità attraverso le tue risposte
Chi frequenta il tuo blog e lascia un commento lo fa per scelta, questa scelta deve essere premiata con l’attenzione e il riguardo che qualsiasi utente merita.
Rispondere ai commenti in modo costruttivo e propositivo è il modo migliore per costruire una vera community. Si tratta di un’abilità che si può migliorare studiando le risposte di blogger professionisti, ma anche chiedendo a propri lettori un’opinione sul proprio modo di gestire i commenti.
Allora cosa ne pensi?
Hai postato dei commenti in blog in cui ti sei sentito il benvenuto o al contrario non sei stato affatto considerato? Queste sette regole ricalcano il modo con cui gestisci i commenti nel tuo blog? Hai altri consigli?
Racconta la tua esperienza!

Now it’s your turn!

P.S.: Per gli amanti degli elenchi d’autore the Morgan Library & Museum di New York ha dedicato un’intera mostra alle liste quotidiane, pratiche, amorose, testuali, illustrate di artisti e scrittori. Per chi invece è alla ricerca di liste contemporanee, c’è l’ Huffington Post: in una schermata ho contato link a ben sette elenchi diversi!

martedì 30 agosto 2011

Nell’alto dei cieli di Assisi

Chi, osservando un cielo limpido, non ha almeno una volta nella vita giocato con la forma delle nuvole? Disegnare con la fantasia animali, mostri o profili umani nella candida ed eterea materia è il passatempo più semplice e meno dispendioso di tutti i tempi.

L'articolo di Marco Carminati Giotto, che testa tra le nuvole! apparso sulla Domenica de Il Sole 24 Ore mi è capitato tra le mani proprio durante la mia breve fuga vacanziera tra le vette dolomitiche, durante la quale non mancavo di stupirmi del prolungato bel tempo (alla faccia dei preventivati pomeriggi di pioggia e the caldo!) e naturalmente del cielo azzurro trapuntato di bianche nuvolette, nelle quali ho visto apparire e scomparire tante figure.

Carminati traccia con leggerezza l’intera storia delle “immagini fatte dalla natura” e ci racconta di una bella scoperta fatta dalla storica dell'arte Chiara Frugoni, la quale è riuscita a scovare un curioso dettaglio nell'affresco che narra la Morte di San Francesco, all'interno del ciclo giottesco della Basilica Superiore di Assisi.
Grazie alle moderne tecnologie che consentono di ingrandire a dismisura i particolari, la studiosa ha infatti individuato il ritratto di un uomo dai tratti forti (e forse addirittura dotato di corna) modellato all'interno di una vaporosa nuvola posta sopra la testa degli undici compagni del Santo.

Nell’attesa di sapere perché Giotto ha voluto inserire questo curioso personaggio nell’affresco, ci basti sapere che questo è il primo esempio finora noto di “gioco con le nuvole” immortalato da un maestro della pittura italiana.
Con un così celebre esempio del passato chi potrà ancora vergognarsi di fantasticare stando a naso all’insù?

venerdì 12 agosto 2011

Un'estate fa ...

Un'estate fa ... catalogavo il materiale che mi sarebbe servito per i primi post di questo blog, scattavo improbabili fotografie durante le trasferte vacanziere, scribacchiavo su Moleskine sbrindellati o, in mancanza, sul retro delle ricevute, buttavo giù cartelle di word con idee e titoli alla rinfusa (metà delle quali poi non ho nemmeno usato), e come sempre, leggevo, leggevo, leggevo di tutto. 

Quella che mi aspetta è un'estate di "non-vacanza", ma se per caso riuscirò a fuggire verso la mia isola di pace nel bel mezzo delle Dolomiti, ho già pronto uno zaino pieno di libri per quei piacevolissimi pomeriggi di pioggia, the caldo e torte ai frutti di bosco.

Ci si rilegge a settembre.
Buona estate a tutti!

giovedì 11 agosto 2011

Sedotti dalla cultura

Il ritaglio della bella intervista al filosofo polacco dal nome di battesimo impronunciabile, ma assolutamente trascrivibile, Zygmunt Bauman, è rimasto a sedimentare, forse anche troppo a lungo, sulla mia scrivania.
Il titolo “La cultura oggi? Plurale, antidogmatica e seduttiva” aveva subito richiamato la mia attenzione, ma come tutte le buone letture, ho dovuto far decantare un po’ la filosofia di fondo per comprenderla (senza peraltro accettarla pienamente).

L’articolo di Flavio Alivernini apparso sull’inserto de Il Sole 24 Ore - Nòva24 - domenica 17 luglio, si apre con una vera e propria dichiarazione d’amore nei confronti dei libri; Bauman confessa di emozionarsi ancora nel sentire scivolare la carta tra le dita, malgrado questo però, nell’eterna contesa tra bibliofili e digitali, l’emerito ottantenne, che ammette senza vergogna di possedere un Kindle e di avere un
profilo su Facebook, si schiera a favore della terza via, ovvero l’importanza del messaggio. Il supporto su cui viene tramandata la cultura cambia con l’evolversi del genere umano; siamo passati dalla pietra al papiro, dalla carta allo schermo, ma ciò che conta è ancora, e sarà sempre, il contenuto veicolato dal mezzo.
Saggia asserzione.

Le parole di Bauman fanno riflettere però soprattutto sulla natura dell’attività intellettuale, e se da una parte il suo punto di vista entusiasma il lettore, quando afferma che la cultura ha finalmente perso la sua connotazione dogmatica per farsi più varia, pluralista e quindi più “affascinante”, dall’altra lo lascia con l’amaro in bocca nel momento in cui la paragona a qualsiasi altro bene di mercato, che nella cosiddetta società liquida da lui teorizzata, viene vissuto ed interpretato in maniera consumistica.

“Fino a poco tempo fa – dice Bauman - la cultura era una raccolta di norme, un insieme di regolamenti e dispositivi che servivano a gestire i conflitti e a conservare i modelli sociali preesistenti; era in grado di proclamare le proprie sentenze e stabilire ordini e divieti. Oggi invece, come qualsiasi altro bene immerso nel mercato, non è più una raccolta di norme ma una raccolta di offerte; non agisce più come imposizione ma, come tutti gli altri prodotti di consumo, deve indurti in tentazione affinché tu venga messo nelle condizioni di sceglierla. E’una questione di seduzione.”

mercoledì 20 luglio 2011

E tu, che fan sei?

Cosa c'è di più “social” che arrivare ad un sondaggio sulle funzionalità di Facebook attraverso Linkedin?

L’indagine in questione, condotta dalla Fondazione CUOA tra aprile e maggio di quest’anno attraverso la piattaforma on-line SurveyMonkey, esplora le dinamiche di utilizzo e le aspettative degli utenti di Facebook nei confronti delle pagine aziendali.

Cosa vogliamo dalle business pages di Facebook?
Perché clickiamo "mi piace"?
Perché rimuoviamo una pagina ?

Ho compilato il questionario, semplice ed intuitivo, lo scorso 27 maggio. La compilazione ha richiesto poco più dei due minuti preventivati, (mea culpa però), poiché ho dovuto consultare il mio profilo; non ricordavo il numero di aziende, organizzazioni no profit, iniziative mediatiche o benefiche, blogger, etc… di cui sono fan, e vi invito ad andare a verificare le vostra sezione "attività ed interessi" ... ci sono più pagine di quante credete!

Oggi è stata pubblicata l''infografica che riassume  una parte dei risultati emersi grazie alle 849 risposte ricevute (il report completo sarà disponibile in autunno). 
Pensavo di essere un utente di FB dotato di eccessivo auto-controllo, e invece scopro che tutto sommato i miei comportamenti sul social network non divergono troppo da quelli degli altri partecipanti all'indagine.

Ma perché seguiamo un’azienda, un ente, un personaggio su Facebook?
Quali vantaggi speriamo di trarre da questa “affiliazione”?
Che tipo di relazione ci lega ad un brand all’interno dei social network?

- Una relazione d’amore? Un esempio per tutti: la pagina di Nutella ( che dopo pizza e spaghetti è forse il prodotto italiano più amato al mondo) raccoglie più di 10 milioni di fan provenienti da tutte le parti del mondo, ogni post (anche il più banale) conta centinaia di commenti e di “mi piace”. L’affinità con il prodotto o il marchio crea un senso di appartenenza ad un gruppo, di condivisione di un interesse con altri utenti, e sicuramente spinge verso nuove “amicizie”.
- Una relazione d’interesse? Entrare a far parte dei fan di un prodotto o di un’azienda spesso significa poter partecipare a promozioni, usufruire di sconti, essere informati sulle offerte, poter prendere parte ad eventi dedicati, in questo modo la business page accresce la percezione di esclusività tipica del club.
- Una relazione professionale? Informazioni aggiornate e tempestive su un'azienda o su un brand possono essere utili per comprenderne meglio l’attività, il punto di vista e la filosofia. Il confronto diretto con un’organizzazione o la lettura della sua bacheca può fornire dati in genere impossibili da cogliere attraverso le pagine del sito istituzionale. Un esempio: potrei mai lavorare per un’azienda che non sa rispondere, o peggio elimina, le segnalazioni o i reclami dei suoi clienti?

martedì 5 luglio 2011

Diritti e doveri sul web: AGCOM dixit

"In quest’ottica, l’Agcom si pone come “garante” del corretto funzionamento di un sistema che prevede:
1) richiesta di rimozione dei contenuti al gestore del sito o al fornitore del servizio di media audiovisivo da parte del titolare del diritto o copyright;
2) segnalazione all’Autorità della mancata rimozione dei contenuti decorse 48 dall’inoltro della richiesta;
3) verifica da parte dell’Autorità attraverso un breve contradditorio con le parti;
4) ordine di rimozione qualora risulti l’illegittima pubblicazione di contenuti coperti da copyright.
L’Autorità ritiene che la misura della rimozione selettiva sia appropriata nei casi in cui non tutti i contenuti del sito web violino il diritto d’autore e siano collocati sul territorio italiano."
(Comunicato Stampa AGCOM del 17/12/2010 - "Approvato all’unanimità il nuovo testo sulla tutela del diritto d’autore")


E'innegabile, la sistesi del provvedimento che l'AGCOM si appresta ad esaminare domani 6 luglio, non può lasciare indifferenti proprietari di siti, gestori di forum, ma soprattutto i tantissimi blogger per i quali scrivere e confrontarsi sul web rappresenta la giusta combinazione di lavoro, impegno, passione e hobby.

In queste ore le polemiche sull'argomento e le iniziative di protesta rimbalzano incalzanti da un sito all'altro: dai twets dell'AGCOM,che rassicura sul fatto che domani non saranno prese decisioni definitive, alle proposte dell'associazione Agorà Digitale che organizza "La notte della Rete", dalle dichiarazioni del commissario dell'Agcom Stefano Mannoni apparse sul Sole24Ore, alla petizione sul sito Avaaz.org.

Personalmente penso che, decisioni che influiscono in maniera così rilevante su uno strumento potente come internet meritino studio, approfondimenti, consultazioni e dibattiti parlamentari, ma soprattutto tempo; questa complessa vicenda sembra infatti essere stata incastrata in scadenze troppo ravvicinate, con la prospettiva di risoluzioni eccessivamente rapide e definitive.

"Cosa vi terrorizza di più nella purezza?" chiesi. "La fretta" rispose Guglielmo."
  (Umberto Eco, Il nome della Rosa)



mercoledì 22 giugno 2011

Piccolo esercizio di stile: a lezione di virgole

La punteggiatura: temibile e costante tortura, portatrice sana di bacchettate e rimproveri dalle elementari al liceo, ragionevole pretesto per gigantesche marcature rosse su incolpevoli compiti in classe.
E con queste due righe potrei quasi chiudere il post, poiché credo di aver dimostrato come la virgola sia il segno di interpunzione perfetto per chi adora gli elenchi altisonanti.

I miei trascorsi rapporti con la punteggiatura non sono tra i più felici, quindi non credo d’essere la persona più adatta a dare consigli in materia, se non fosse per il fatto che curiosare tra gli scritti degli esperti della nostra bella lingua, mi ha dato l’occasione per riprendere una tematica che avevo ormai archiviato tra le “cause perse”; con l’evoluzione della web-scrittura, pensavo infatti che le regole della sintassi fossero diventate pura interpretazione personale.
Riscopro invece il valore dei singoli segni, che, a voler essere metaforici, si potrebbero paragonare ad una collezione di moda, all’interno della quale sicuramente la virgola sarebbe rappresentata da un bel paio di jeans, portabilissimi e versatili, se ne sconsiglia l’uso solo in rarissimi casi. Di conseguenza direi che il punto potrebbe essere il classico capospalla di ottima fattura; solido, concreto, senza fronzoli, una volta indossato dalla frase, basta a se stesso. Più complesso l’utilizzo del punto e virgola, che potrebbe essere paragonato ad un paio di scarpe con tacco 12 cm.; dal sicuro effetto se lo si sa portare, ma attenzione agli scivoloni! Punti esclamativi e punti di domanda potrebbero essere ben rappresentati dagli accessori: cappelli, collane, bracciali, ovvero tutto ciò che può dare una caratterizzazione forte anche alla frase più semplice e lineare.

Tra tutti i segni d’interpunzione comunque la virgola rimane la mia preferita, forse per la semplicità con la quale viene usata anche dai grandi maestri della letteratura, come succede in uno dei celebri (e spaventosi) elenchi de “Il nome della rosa”:
“ … e tutti gli animali del bestiario di satana, riuniti a concistoro e posti a guardia e corona del trono che li fronteggiava, a cantarne la gloria con la loro sconfitta, fauni, esseri dal doppio sesso, bruti dalle mani con sei dita, sirene, ippocentauri, gorgoni, arpie, incubi, dracontopodi, minotauri, linci, pardi, chimere, cenoperi dal muso di cane che lanciavano fuoco dalle narici, dentetiranni, policaudati, serpenti pelosi, salamandre, ceraste, chelidri, colubri, bicipiti dalla schiena armata di denti, iene, lontre, cornacchie, coccodrilli, idropi dalle corna a sega, rane, grifoni, ...”
(“Il nome della rosa”di Umberto Eco)

Al di là delle opinioni personali e dei simbolismi, Accademia della Crusca docet: da queste regole non si scappa:
La virgola si può usare:
- negli elenchi di nomi o aggettivi
- negli incisi, al posto delle parentesi (si può omettere, ma se si decide di usarla va sia prima che dopo!)
- dopo un’apposizione o un vocativo (per esempio: Roma, la capitale d’Italia)
- per segnalare frasi coordinate senza l’uso di congiunzione (per esempio: studiavo poco, non seguivo le lezioni, stavo sempre a spasso, insomma ero davvero svogliato)
-  per separare dalla principale frasi coordinate introdotte da: anzi, ma, però, tuttavia etc…
Si segnala che le frasi relative cambiano valore e soprattutto senso a seconda che siano separate o meno con una virgola dalla reggente:
Per esempio: “Gli uomini che credevano in lui lo seguirono” cioè “lo seguirono solo quelli che credevano in lui” è una relativa limitativa; mentre “gli uomini, che credevano in lui, lo seguirono” ovvero “lo seguirono tutti gli uomini perché credevano in lui” è una relativa esplicativa.
La virgola non si usa:
-          tra soggetto e verbo
-          tra verbo e complemento oggetto
-          tra il verbo essere e l’aggettivo o il nome che lo accompagna nel predicato nominale
-          tra un nome e il suo aggettivo.

La punteggiatura regolamenta il testo, gli permette di avere un’intonazione, un ritmo, una melodia, sotto sotto quindi fa parte della poesia della parola, come ci conferma la definizione di Laura Pariani:
La virgola è un sospiro,
il punto e virgola un respiro intero,
il punto e a capo un silenzio.

P.S.: Per chi fosse veramente interessato ad approfondire la materia, il testo in assoluto più quotato è di Bice Mortara Garavelli, “Prontuario di punteggiatura” (Editori Laterza, 2003) … 115 pagine di trattazione veramente puntuale! In alternativa, per chi vuole prenderla alla leggera, “L'Italiano - Lezioni semiserie” di Beppe Severgnini (Edizioni Rizzoli, 224 pagine) può fornire una visione spassosa ed irriverente della “punteggiatura puntigliosa”. 

lunedì 30 maggio 2011

La indignación corre sul web

El Pais parla di “potenza della diffusione di un messaggio attraverso le reti sociali”, mentre El Periodico de Catalunya non esita a definire internet non solo un semplice strumento, ma quasi l’essenza stessa della mobilitazione degli indignados.
Agli occhi del mondo probabilmente la mobilitazione di Puerta de Sol sarà apparsa l’iniziativa spontanea ed estemporanea di un gruppo giovani spagnoli, o almeno così molti media l’hanno raccontata, ma il corteo del 15 maggio è stato il frutto di un lavoro attento e responsabile durato più di tre mesi, sviluppatosi principalmente via web, come spiega Olmo Gàlvez, attivista del movimento Democracia Real Ya: “le informazioni vengono aggiornate costantemente, le idee si uniscono, in maniera caotica magari, ma il tutto funziona, dà risultati.”
(tratto da Internazionale - "Sette giorni a Puerta de Sol", Joseba Elola, El País, Spagna)
Tutto è cominciato nel dicembre 2010 sulle pagine di Facebook grazie a Fabio Gàndara, avvocato ventiseienne tra i fondatori di D.R.Y., uno dei principali movimenti che hanno dato vita alla protesta di piazza, poi è arrivato il blog Juventud en Acciòn, e all’inizio del 2011 gli indignados sono sbarcati su Twitter, contenitore di slogan ma anche veicolo di appelli alla partecipazione e informazioni logistiche in massimo 140 battute. E se all’inizio tutto girava attorno a #spanishrevolution, in breve sono nati decine di altri hashtag: #acampadasol, #tomalaplaza, #democraciareal, #juventudsin, etc…. Ora anche su Youtube  si possono trovare centinaia di video che raccontano la protesta, le motivazioni e le aspirazioni dei giovani spagnoli. Del resto ormai le organizzazioni che aderiscono a D.R.Y. sono più di 500, e nella rete c’è spazio per tutti.
Non è certo la prima volta che il web si mette al servizio di manifestazioni di dissenso popolare; la primavera araba da questo punto di vista ci insegnato che un collettivo organizzato on-line può aprire la strada ad azioni concrete e coraggiose.
Ma se è vero che nessun movimento giovanile pacifico, dal flower-power anti-Vietnam al ’68 parigino,  è mai riuscito a destabilizzare in maniera definitiva i grandi poteri economici o politici, è altrettanto certo che la protesta islandese nata tra la fine del 2008 e l’inizio del 2009 ha portato alla caduta del Governo e  ad elezioni anticipate. Per questo ora gli indignados scesi in piazza gridano "Da grandi vogliamo essere islandesi!".
La protesta di piazza potrà anche attenuarsi od evolversi, ma sicuramente non si arresteranno gli appelli lanciati attraverso blog e social network. Democracia Real Ya continuerà a far viaggiare nella rete la sua voglia di cambiamento … del resto cosa c’è di più democratico della rete (almeno per ora)?

mercoledì 20 aprile 2011

Tutta la vita: MUSICA

Sarei nata solo due mesi dopo … eppure quell’album, pubblicato nel settembre del 1979, ha avuto un ruolo speciale nella mia formazione musicale, anche perché se qualcuno in famiglia voleva citare un disco veramente ben riuscito il primo pensiero andava immediatamente a Banana Republic.

Ebbene si, sono passati più di trent’anni da quel fortunatissimo tour, dall’inizio del sodalizio Dalla-De Gregori che ha prodotto canzoni rimaste nella memoria e nelle corde vocali di chi ama la musica italiana, o semplicemente di chi ama la musica, perché, è innegabile, certe canzoni come Piazza Grande, Ma come fanno i marinai o 4/3/1943, fanno ormai parte della nostra storia.

Eccomi qua dunque un po’ per fortuite coincidenze un po’ perché forse era destino, in una tiepida serata di aprile, con il mio biglietto del Work in Progress Tour in una mano e una bibita nell’altra, all’interno del Gran Teatro Geox di Padova (il “teatro che respira” come ha detto qualcuno!). Le poltroncine sono piccole e scomodissime ma tutto si dimentica quando le luci si spengono e la scenografia ideata da Mimmo Paladino, (da me bonariamente ribattezzata: “bandiera italiana pasticciata"), si confonde con il buio di una platea al completo mentre i due cantanti fanno il loro ingresso intonando:

Tutta la vita, con questo orribile rumore
su e giù o nel mezzo delle scale
le spalle contro quella porta.

Tutta la vita, a far suonare un pianoforte
lasciandoci dentro anche le dita
su e giù o nel mezzo la tastiera
siamo sicuri che era musica. 

giovedì 3 marzo 2011

Manuale d’amore (per la lettura): l'aNobii in carta e colla

Sono sempre stata un po’ maniaca della manualistica, non della serie bricolage, cucina o giardinaggio, ma del genere che mi porta a comprare un libro sull’argomento ogni qual volta mi avvicino a qualcosa di nuovo. Il solo fatto di leggere qualche pagina a proposito di una determinata materia mi alleggerisce sempre un po’dall’ansia che mi prende all'inizio di una nuova avventura, mi sento a posto con la coscienza, e poi la lettura non mi pesa affatto, e quindi certi traning sono proprio un piacere.
Così è stato qualche settimana prima del mio primo stage in azienda, quando sapendo che avrei lavorato a fianco del direttore marketing, ho acquistato e “divorato” l'opera omnia di Kotler, e così è tutt’oggi ogni qual volta programmo un viaggio o sto per visitare una mostra: ancora prima di comprare i biglietti ho già studiato, sottolineato e disseminato di post-it l'intera guida.

Niente da fare dunque, per me i libri, in tutte le loro forme, sono inseparabili compagni fisici, tangibili, trasportabili, l'esatto opposto delle pagine web, le quali pur utilissime ed irrinunciabili per chiunque ormai, sono eteree e fragili; è infatti sufficiente una connessione difficile o un wi-fi protetto a prezzi spropositati a rendere inaccessibile la grande rete

Ho accolto quindi con un certo entusiasmo l’uscita di “aNobii – Il tarlo della lettura”, non conoscendo bene la piattaforma e frequentandola solo sporadicamente, il libro ad essa dedicato mi è subito sembrato un buon modo per fare una prima conoscenza cartacea del più famoso social network per lettori accaniti, e magari trarne anche qualche utile consiglio per gli acquisti. aNobii è per me un pianeta semi-sconosciuto, e come tale va “scientificamente” studiato, partendo, secondo le mie abitudini, dal suo manuale, appunto.
Quando sono andata a cercarlo in libreria, devo dire che due cose soprattutto mi hanno colpito:

- La grafica onirica: difficile trovare nei libri “da grandi” delle illustrazioni così fantasiose ed evocative, a meno che non si parli de “Il Piccolo Principe“ o di graphic novel.

- Una piccola rivincita, un capovolgimento culturale contenuto in una frase del retro di copertina: “Ma i Lettori, chi sono? Senza di loro, non esisterebbero né autori, né storie da raccontare. In questo libro (compilation, ipertesto, raccolta, chiamatelo come più vi piace) trovate i Lettori. Quelli che si sparano decine o centinaia di chilometri per accorrere ai festival letterari, quelli che i libri li divorano, li strapazzano, li leggono (e perdono) in metropolitana, li valutano a peso, aspettando che escano in economica, li sistemano in libreria accostando i dorsi per colori, o per casa editrice, o chissà per quali arbitrari criteri. Quelli che amano carnalmente ogni libro, ma ne odiano sistematicamente alcuni.” Come non ritrovarsi? Come non essere orgogliosi di un tale benevolo ritratto?
E così l’ho comprato.

Scoprendo poi, che una buona fetta di aNobiiani - doc l’aveva bocciato senza possibilità di appello; le recensioni parlano chiaro: un libro inutile, un’autocelebrazione dei lettori scelti dagli autori, una raccolta di scelte arbitrarie, un’operazione commerciale, etc…
Ammetto di averne letto solo qualche pagina, ammetto che la mia visione di aNobii è quella della “non frequentante”, ammetto che la curiosità è forte.
Malgrado questo, ammetto anche che la mia prima impressione è molto vicina, anche se ovviamente in tono meno entusiasta, a quella semplicissima espressa da Julie* che il 27 novembre 2009 nella sua recensione al Tarlo della lettura scriveva:
"E' avere aNobii in mano, avere un aNobii di carta! Non c'è tutto, ma è una bella fettona, da tenere sul comodino e da portare sotto le coperte prima di andare a dormire.

Firmato: la Compratrice Casuale