giovedì 11 agosto 2011

Sedotti dalla cultura

Il ritaglio della bella intervista al filosofo polacco dal nome di battesimo impronunciabile, ma assolutamente trascrivibile, Zygmunt Bauman, è rimasto a sedimentare, forse anche troppo a lungo, sulla mia scrivania.
Il titolo “La cultura oggi? Plurale, antidogmatica e seduttiva” aveva subito richiamato la mia attenzione, ma come tutte le buone letture, ho dovuto far decantare un po’ la filosofia di fondo per comprenderla (senza peraltro accettarla pienamente).

L’articolo di Flavio Alivernini apparso sull’inserto de Il Sole 24 Ore - Nòva24 - domenica 17 luglio, si apre con una vera e propria dichiarazione d’amore nei confronti dei libri; Bauman confessa di emozionarsi ancora nel sentire scivolare la carta tra le dita, malgrado questo però, nell’eterna contesa tra bibliofili e digitali, l’emerito ottantenne, che ammette senza vergogna di possedere un Kindle e di avere un
profilo su Facebook, si schiera a favore della terza via, ovvero l’importanza del messaggio. Il supporto su cui viene tramandata la cultura cambia con l’evolversi del genere umano; siamo passati dalla pietra al papiro, dalla carta allo schermo, ma ciò che conta è ancora, e sarà sempre, il contenuto veicolato dal mezzo.
Saggia asserzione.

Le parole di Bauman fanno riflettere però soprattutto sulla natura dell’attività intellettuale, e se da una parte il suo punto di vista entusiasma il lettore, quando afferma che la cultura ha finalmente perso la sua connotazione dogmatica per farsi più varia, pluralista e quindi più “affascinante”, dall’altra lo lascia con l’amaro in bocca nel momento in cui la paragona a qualsiasi altro bene di mercato, che nella cosiddetta società liquida da lui teorizzata, viene vissuto ed interpretato in maniera consumistica.

“Fino a poco tempo fa – dice Bauman - la cultura era una raccolta di norme, un insieme di regolamenti e dispositivi che servivano a gestire i conflitti e a conservare i modelli sociali preesistenti; era in grado di proclamare le proprie sentenze e stabilire ordini e divieti. Oggi invece, come qualsiasi altro bene immerso nel mercato, non è più una raccolta di norme ma una raccolta di offerte; non agisce più come imposizione ma, come tutti gli altri prodotti di consumo, deve indurti in tentazione affinché tu venga messo nelle condizioni di sceglierla. E’una questione di seduzione.”

2 commenti:

  1. Purtroppo penso che il fascino e l'attrazione irresistibile, che la seduzione della cultura dovrebbe esercitare, si riduce di questi tempi ad una mera esposizione di sè da entrambi le parti: chi vende e chi compra.
    La misura della cultura si conta con il numero di citazioni letterarie enunciate e con il numero di eventi a cui si partecipa mettendo in atto lo stesso meccanismo con cui si espone un abito firmato o una borsetta di uno stilista famoso sentendosi, ahimè, appagati e superiori.
    Anche la cultura è diventata solo apparenza e superficialità: di chi vende e di chi compra!
    Cri

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  2. Quale cinismo ma ... quale verità!
    Confesso che a volte anch'io vengo rapita dal circolo vizioso del "ma come, non l'hai ancora letto (l'ultimo best-seller)!" oppure dal "ma dai, non l'hai ancora vista (la mostra più pubblicizzata del momento)!", in cui la presenza ad un evento diventa sfoggio e la critica delle fatiche altrui diventa ostentazione, per chi sa di non avere alcun talento.
    Eppure fortunamente mi capita ancora di restare incatata davanti ad un affresco e di rimuginare mille volte sul perfetto equilibrio di un verso ... cose d'altri tempi!

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