martedì 8 novembre 2011

Le parole di Artemisia

Palazzo Reale di Milano: Mostra “Artemia Gentileschi: storia di una passione
Oltrepassato il pesante tendaggio di velluto, ci si aspetta di stupirsi di fronte ad un tripudio di colori, personaggi opulenti, drappi e ricami tipici dello stile pittorico seicentesco.
Lo stupore è in effetti garantito, ma va in direzione opposta: a predominare nella prima sala della mostra dedicata alla “pittora” Artemisia Gentileschi, sono le parole.
Nell’oscurità della sala parole scendono dal soffitto sotto forma di fogli intrisi d’inchiostro nero.
Parole confuse e sfuocate scorrono su uno schermo dietro ad un grande letto bianco.
Parole recitate da una voce femminile ferma e risoluta, riportano la descrizione che Artemisia diede ai giudici della violenza inflittale da Agostino Tassi, pittore e collega del padre Orazio.

« Serrò la camera a chiave e dopo serrata mi buttò su la sponda del letto dandomi con una mano sul petto, mi mise un ginocchio fra le cosce ch'io non potessi serrarle et alzatomi li panni, che ci fece grandissima fatiga per alzarmeli, mi mise una mano con un fazzoletto alla gola et alla bocca acciò non gridassi …”
(Eva Menzio (a cura di), Artemisia Gentileschi, Lettere precedute da Atti di un processo di stupro, Milano, 2004)
Le parole di Artemisia si perdono e si riprendono mentre, attraversando le sale della mostra, il visitatore ripercorre le fasi della vita di questa artista che ha saputo imprimere  vitalità ed espressività alle grandi figure femminili della storia: da Giuditta alla Maddalena, da Cleopatra a Cristina di Lorena, e che pure, si dice, non imparò a scrivere fintanto che non giunse a Firenze, forse per poter intrattenere quel rapporto epistolare con l’amante Francesco Maria Maringhi, le cui prove cartacee sono state recentemente ritrovate ed esposte al pubblico.
Preziosi cartigli dorati tracciati sulle tele, inventari, contratti, lettere d’amore e pagherò ci raccontano l’affascinante storia di una pittrice che non temeva il confronto con i colleghi maschi, anzi ne coltivava l’amicizia, un’artista che, grazie al suo riconosciuto talento, è riuscita ad emergere in un contesto culturale a tutto tondo, una donna che, senza aver mai voler essere un simbolo o un’eroina, è riuscita nell’impresa d’essere al tempo stesso indipendente, amata, apprezzata e pur ancora tanto misteriosa.

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