mercoledì 22 giugno 2011

Piccolo esercizio di stile: a lezione di virgole

La punteggiatura: temibile e costante tortura, portatrice sana di bacchettate e rimproveri dalle elementari al liceo, ragionevole pretesto per gigantesche marcature rosse su incolpevoli compiti in classe.
E con queste due righe potrei quasi chiudere il post, poiché credo di aver dimostrato come la virgola sia il segno di interpunzione perfetto per chi adora gli elenchi altisonanti.

I miei trascorsi rapporti con la punteggiatura non sono tra i più felici, quindi non credo d’essere la persona più adatta a dare consigli in materia, se non fosse per il fatto che curiosare tra gli scritti degli esperti della nostra bella lingua, mi ha dato l’occasione per riprendere una tematica che avevo ormai archiviato tra le “cause perse”; con l’evoluzione della web-scrittura, pensavo infatti che le regole della sintassi fossero diventate pura interpretazione personale.
Riscopro invece il valore dei singoli segni, che, a voler essere metaforici, si potrebbero paragonare ad una collezione di moda, all’interno della quale sicuramente la virgola sarebbe rappresentata da un bel paio di jeans, portabilissimi e versatili, se ne sconsiglia l’uso solo in rarissimi casi. Di conseguenza direi che il punto potrebbe essere il classico capospalla di ottima fattura; solido, concreto, senza fronzoli, una volta indossato dalla frase, basta a se stesso. Più complesso l’utilizzo del punto e virgola, che potrebbe essere paragonato ad un paio di scarpe con tacco 12 cm.; dal sicuro effetto se lo si sa portare, ma attenzione agli scivoloni! Punti esclamativi e punti di domanda potrebbero essere ben rappresentati dagli accessori: cappelli, collane, bracciali, ovvero tutto ciò che può dare una caratterizzazione forte anche alla frase più semplice e lineare.

Tra tutti i segni d’interpunzione comunque la virgola rimane la mia preferita, forse per la semplicità con la quale viene usata anche dai grandi maestri della letteratura, come succede in uno dei celebri (e spaventosi) elenchi de “Il nome della rosa”:
“ … e tutti gli animali del bestiario di satana, riuniti a concistoro e posti a guardia e corona del trono che li fronteggiava, a cantarne la gloria con la loro sconfitta, fauni, esseri dal doppio sesso, bruti dalle mani con sei dita, sirene, ippocentauri, gorgoni, arpie, incubi, dracontopodi, minotauri, linci, pardi, chimere, cenoperi dal muso di cane che lanciavano fuoco dalle narici, dentetiranni, policaudati, serpenti pelosi, salamandre, ceraste, chelidri, colubri, bicipiti dalla schiena armata di denti, iene, lontre, cornacchie, coccodrilli, idropi dalle corna a sega, rane, grifoni, ...”
(“Il nome della rosa”di Umberto Eco)

Al di là delle opinioni personali e dei simbolismi, Accademia della Crusca docet: da queste regole non si scappa:
La virgola si può usare:
- negli elenchi di nomi o aggettivi
- negli incisi, al posto delle parentesi (si può omettere, ma se si decide di usarla va sia prima che dopo!)
- dopo un’apposizione o un vocativo (per esempio: Roma, la capitale d’Italia)
- per segnalare frasi coordinate senza l’uso di congiunzione (per esempio: studiavo poco, non seguivo le lezioni, stavo sempre a spasso, insomma ero davvero svogliato)
-  per separare dalla principale frasi coordinate introdotte da: anzi, ma, però, tuttavia etc…
Si segnala che le frasi relative cambiano valore e soprattutto senso a seconda che siano separate o meno con una virgola dalla reggente:
Per esempio: “Gli uomini che credevano in lui lo seguirono” cioè “lo seguirono solo quelli che credevano in lui” è una relativa limitativa; mentre “gli uomini, che credevano in lui, lo seguirono” ovvero “lo seguirono tutti gli uomini perché credevano in lui” è una relativa esplicativa.
La virgola non si usa:
-          tra soggetto e verbo
-          tra verbo e complemento oggetto
-          tra il verbo essere e l’aggettivo o il nome che lo accompagna nel predicato nominale
-          tra un nome e il suo aggettivo.

La punteggiatura regolamenta il testo, gli permette di avere un’intonazione, un ritmo, una melodia, sotto sotto quindi fa parte della poesia della parola, come ci conferma la definizione di Laura Pariani:
La virgola è un sospiro,
il punto e virgola un respiro intero,
il punto e a capo un silenzio.

P.S.: Per chi fosse veramente interessato ad approfondire la materia, il testo in assoluto più quotato è di Bice Mortara Garavelli, “Prontuario di punteggiatura” (Editori Laterza, 2003) … 115 pagine di trattazione veramente puntuale! In alternativa, per chi vuole prenderla alla leggera, “L'Italiano - Lezioni semiserie” di Beppe Severgnini (Edizioni Rizzoli, 224 pagine) può fornire una visione spassosa ed irriverente della “punteggiatura puntigliosa”.